Dalla rabbia alla grinta

La rabbia è una delle emozioni chiave di questi anni. In giro ce n’è molta (politologi e sondaggisti concordano nell’indicarla come il terreno fertile di ogni populismo), in questa fase storica ne osserviamo picchi drammatici sotto forma di conflitti e guerre, ciascuno di noi ne macina parecchia ogni giorno, anche nelle varianti dello sdegno o della frustrazione. Per certi versi è sdoganata, soprattutto sui social, che si comportano spesso da amplificatori: perché lì, senza metterci la faccia, è più facile lasciarsi andare; perché la rabbia e l’indignazione, puntando direttamente alla pancia, suscitano like facili e gratificazione; perché, infine, l’ostentazione selettiva dei momenti top delle vite degli altri – anche se lo facciamo anche noi, anche se sappiamo che non è tutto oro quello che luccica, anche se conosciamo il meccanismo – ci convince sottilmente che tutte le vite siano più invidiabili della nostra. E questo, ovviamente, fa rabbia.

Allo stesso tempo, però, la rabbia viene spesso demonizzata. Chi tra noi si sente progressista, si sente in dovere di mantenersi aperto e accogliente verso tutto, senza adirarsi, senza trascendere, senza “sbroccare”. Quando non riusciamo, ci sentiamo in colpa. Si parla sempre di “gestire” la rabbia. È quello che insegniamo ai nostri figli, che diamine.

Ecco, a proposito: i figli. Loro sì che ci fanno arrabbiare. Tirano fuori (il meglio, ma a volte anche) il peggio di noi: alziamo la voce e poi ci sentiamo da schifo, perché non ci siamo piaciuti e perché abbiamo dato il cattivo esempio. E loro, intanto? Anche loro tirano fuori parecchia rabbia (e noi ancora a chiederci: avremo sbagliato qualcosa?): da piccoli lo fanno con i capricci, da adolescenti lo fanno… più o meno con tutto, in effetti.

Come mai gli adolescenti sono così arrabbiati? E perché la rabbia ci fa così… paura, in un cortocircuito di emozioni primarie da cui a volte è davvero difficile uscire?

Il punto di partenza, forse, è che consideriamo la rabbia un’emozione scomoda, se non francamente “negativa”. È una questione che viene da lontano, da quando – da piccoli – la rabbia dei grandi ci faceva paura perché sembrava interrompere nella disapprovazione il flusso d’amore; da quando – a scuola, a casa, in società – ci dicevano “comportati bene”, e “bene” voleva dire (anche) senza mostrare rabbia e impazienza, senza fare i capricci, senza rompere.

Perché la rabbia, se non è incanalata, “rompe”. Probabilmente è questo che ci fa paura.

Di recente ho scritto un libro, che si chiama Nel buio le stelle: l’ho scritto per approfondire un concetto che – come coach e in particolare nel mio lavoro con gli adolescenti – mi sta particolarmente a cuore: non esistono emozioni sbagliate o negative. Esistono, al massimo, emozioni “scomode”: ombre con cui dobbiamo fare i conti per scoprire che sono l’altro volto delle nostre luci. Ciò che dà tridimensionalità al nostro essere, come in un quadro di Caravaggio. Senza il buio non vedremmo le stelle.

Non a caso, il primo capitolo di questo libro è dedicato alla rabbia. Come dicevamo, la rabbia è una delle emozioni più ingombranti dell’adolescenza. In questa fase della vita, caratterizzata da un caleidoscopio di cambiamenti fisici ed emotivi, i ragazzi possono sentirsi confusi e spaesati e, di conseguenza, arrabbiati. È anche il momento della scoperta di sé, dell’esplorazione, il momento di sondare i confini e poi valicarli, intraprendere il viaggio a metà fra entusiasmo della partenza e nostalgia di casa. Differenziarsi dai genitori – anche denigrarli per potersene staccare – fa parte della crescita. La rabbia serve. Inoltre, non dobbiamo nemmeno dimenticarci che le funzioni cerebrali dell’autocontrollo e del pensiero a lungo termine sono tra le ultime a maturare: gli adolescenti potrebbero essere ancora, semplicemente, immaturi.

Ma, anche da adulti, la rabbia emerge per reagire all’ingiustizia, alla sensazione di non essere visti, al mancato rispetto dei nostri valori, diritti o convinzioni. Ci fa scattare a difendere qualcosa di nostro, di identitario, ed è quindi preziosa.

Se questa emozione non viene sentita e accolta, però, rischia di trasformarsi in azioni violente contro se stessi o contro gli altri, e qui sta il suo aspetto “ombroso”. Per farla evolvere, come sempre, il primo passo è riconoscerla e accettarla. La rabbia non è un’emozione malsana: è un’emozione sanissima che, però, può avere conseguenze negative. Fare danni. E quindi? Qual è la luce che la rabbia contiene?

Molto spesso la chiamiamo “grinta”. È quella capacità di reazione che si fa catalizzatore di cambiamento, motore, fantasia. È fatta di passione e perseveranza, gusto per la sfida e resistenza. La grinta non è aggressività e tantomeno violenza:  è piuttosto contigua alla determinazione, alla forza di volontà, alla capacità di concentrarsi sui propri obiettivi, superando (o eventualmente… spazzando via!) gli ostacoli inutili. La cosiddetta “grinta” è un paradigma funzionale a raggiungere traguardi a lungo termine. Comprende, infatti, la capacità di mantenere alto il livello di impegno e di interesse anche attraverso i fallimenti e gli inciampi. La persona grintosa possiede un alto grado di resistenza ed è in grado di “arrabbiarsi” con ciò che potrebbe scoraggiarla, trasformandolo in uno stimolo per riprendere la strada con brio. Pensiamo per esempio allo sport, dove la grinta prende il nome di agonismo: sapersi caricare al punto giusto, gestire l’adrenalina, restare focalizzati sono aspetti fondamentali dell’allenamento.

Ma, se è vero che l’ombra della rabbia sta nella sua possibilità di essere distruttiva, ecco che il vero antidoto, l’evoluzione, la “stella” emerge da sola: la rabbia può evolvere in creatività. La grinta, infatti, è anche capacità di immaginazione e di progettazione. Luce e ombra non sono antitetiche né complementari, sono semplicemente necessarie l’una all’altra, imprescindibili, conseguenti. Così è anche per le zone buie dentro di noi: se le accettiamo, curiamo e nutriamo delle cose giuste, si rivelano il seme di nuove luci che non abbiamo ancora visto. Nuovi inizi. Momenti che rivelano e concepiscono cose nuove. Avere grinta vuol dire essersi accorti che qualcosa non va, avere reagito, e aver trovato la forza di trasformarlo. Un sacco di luce!

La rabbia quindi non è qualcosa di cui vergognarsi: rischia di far danni solo se la reprimiamo o se la lasciamo esplodere. Altrimenti, è qualcosa che fa naturalmente parte di noi: e che possiamo rendere generativa. Quando ci sentiamo scoppiare, possiamo fare in modo che non sia una bomba: ma magari un Big Bang.